Per risollevare il tessile occorre puntare alla qualità


La crisi del settore tessile non è certamente una novità. Già nel 2004 accadeva che l'Europa vendesse alla Cina l'equivalente di 514 milioni di euro, contro un'esportazione in Europa di abiti cinesi per 16 miiardi di euro. Occorre chiarire che nell'esportazione cinese rientrano anche capi prodotti direttamente in Cina da aziende occidentali, ma non va dimenticato che i tanti laboratori cinesi presenti in Italia tecnicamente esportano "Made in Italy", fatto che riequilibra almeno in parte le considerazioni. Tra l'altro, non va dimenticato che tanto nella madre patria quanto, spesso, nei laboratori qui in Italia, le aziende cinesi possono contare su costi del personale estremamente ridotti, permessi dalla sostanziale inesistenza di ogni forma di garanzia tipicamente riconosciuta ai lavoratori nei paesi occidentali ed europei: gli operai cinesi lavorano condizioni durissime, in spazi ristretti e con orari sconfinati, in assenza di ferie e con una paga da fame. I laboratori, spesso immigrati clandestini, passano continuamente di mano da una società all'altra, tutte realtà che non durano il tempo necessario a finire nel mirino dei controlli e che hanno contribuito ad aggravare la crisi del settore. In questo contesto, le misure tampone non possono garantire un futuro. Ben venga la cassa integrazione per le piccole realtà con meno di 15 dipendenti e ben venga anche l'intervento europeo per rafforzare la tracciabilità dei prodotti immessi nei mercati degli stati membri, ma alla fine sarà necessario portare al termine due processi cruciali. Da una parte, è necessario cambiare modello e puntare sulla qualità, elemento distintivo grazie al quale la nostra produzione è sempre stata così apprezzata all'estero. Secondariamente è cruciale stroncare ogni fenomeno di illegalità e concorrenza sleale portati avanti sul nostro territorio. Non è possibile pensare di puntare sul Made in Italy se poi si consente ai laboratori clandestini di operare al di fuori di ogni legalità, senza orari e con sfruttamento dell'immigrazione illegale.