Processo accusatorio e separazione delle carriere dei magistrati


Il Presidente del consiglio Silvio Belusconi ne è divenuto un fervente paladino, ma la battaglia per la divisione delle carriere di magistrato e pubblico ministero non è certamente cosa recente. Secondo una parte della dottrina, infatti, la natura di "magistrato" del pubblico ministero e la possibilità di passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa, sono residui storici del sistema inquisitorio del vecchio Codice Rocco, abbattuto sul finire degli anni ottanta dal nuovo sistema del processo penale di ispirazione "Americana", il cosiddetto processo "accusatorio". Residui storici che il nuovo assetto processuale avrebbe privato di ogni ragione di esistere. Prendendo spunto dalle recentissime polemiche innescate dalle affermazioni di Silvio Berlusconi, che hanno provocato la reazione sdegnata dell'associazione nazionale magistrati, cerchiamo di fare un passo indietro per inquadrare sinteticamente la situazione al di fuori delle vicende più recenti e capire quali siano le ragioni di chi, in tempi non sospetti, prospettava la necessità di una separazione delle carriere e dello status di magistrati e pubblici ministeri. Nel vecchio processo inquisitorio esisteva una figura unica che si occupava di indagare, raccogliere prove e giudicare: il giudice istruttore. Questo soggetto, in quanto magistrato, avrebbe dovuto assicurare le garanzie dell'indagato, ma i limiti intrinseci di questa struttura piramidale erano talmente evidenti che, nel tempo, il processo nato nel periodo fascista si era arricchito di numerosi elementi di garanzia per l'indagato. Con l'avvento del nuovo processo, l'impianto fu abbattuto e ripensato integralmente: due parti in posizione paritetica formano la prova di fronte al Giudice del dibattimento, che resta terzo e imparziale. In questa struttura accusa e difesa restano parti del processo e non a caso in altri paesi di lunga tradizione accusatoria il prosecutor è una figura elettiva che non ha nulla a vedere con il giudice. La forma mentale del pubblico ministero deve essere quella dell'avvocato del diavolo, che con ogni mezzo cerca di dare sostanza e sostegno all'azione penale, che nel nostro sistema è obbligatoria. La forma mentale del giudice, viceversa, deve essere quella di chi, senza pregiudizi e con la massima apertura, valuta le prove formate al suo cospetto in ambito dibattimentale. Il giovane e rivoluzionario processo accusatorio venne presto scalfito nella sua essenza da rigurgiti inquisitori, tradotti in modifiche legislative che hanno intaccato il principio fondante del processo accusatorio al punto che, già dopo pochi anni dalla sua nascita, autorevoli esponenti della dottrina favorevole al modello processuale accusatorio rimpiangevano il sistema inquisitorio "garantito", sostenendo che era preferibile al papocchio "accusatorio non garantito" che la stratificazione normativa andava creando. Il pubblico ministero "magistrato" è una figura che spaventa chi pensa alle possibili conseguenze della contiguità tra colleghi e soprattutto dell'eventuale passaggio alla funzione giudicante: un soggetto con la forma mentis del PM difficilmente potrà essere il giudice terzo previsto dal sistema accusatorio. Senza prendere in esame vicende particolari che non aggiungono elementi di valutazione, come la famosa storia del PM fidanzato con il GIP, che il giorno valutava le istanze del moroso e la sera si univa a lui in incontri galanti, occorre rilevare che lo status di magistrato e la funzione di pubblica accusa non vanno così d'accordo. Certamente, il rischio di una separazione delle carriere è quello di inquadrare il PM come un dipendente della PA, gerarchicamente subordinato all'esecutivo: mentre in paesi come l'Australia questa soluzione è praticata con discreto successo, in Italia, purtroppo, si prospetta come una soluzione forse anche più pericolosa del problema che si intenderebbe risolvere. In attesa che il Presidente Berlusconi dia seguito ai suoi propositi di riformare questo aspetto della giustizia - avendo i numeri per farlo e forti quanto manifeste motivazioni, appare estremamente probabile che lo farà - gli aspiranti PM e giudici continueranno a seguire lo stesso programma di formazione per tentare di superare il medesimo concorso di uditore giudiziario, con la speranza che l'unione delle due figure nella stessa categoria professionale non influisca negativamente sul livello di preparazione e sull'approccio richiesto dalle due distinte funzioni (giudicante e requirente). L'offerta formativa (esistono istituti di formazione giuridica che preparano ai concorsi ed agli esami di abilitazione professionale) consente comunque un approfondimento dei temi di maggiore interesse del candidato, che potrà quindi iniziare da subito un percorso più adatto alle proprie aspirazioni ed acquisire da subito la forma mentale più adatta alla funzione che si troverà a svolgere una volta indossata la toga.